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The Inner Dialogue of Cristina Coral

Cristina Coral è nata e cresciuta in Italia e ha vissuto la sua infanzia in un ambiente artistico. 
Suo padre era un compositore di musica da camera classica e contemporanea, e fu il primo ad accresce la sua sensibilità e ad incoraggiarla a sviluppare il suo talento di fotografa, dunque la musica e l’arte sono sempre state una parte importante della sua vita. Era molto giovane quando ha iniziato a scattare, la sua prima macchina fotografica è stata una Bencini Comet II film 127 di sua madre, con cui ritraeva la famiglia nel giardino della nonna. Dopo la laurea e diverse esperienze lavorative, Cristina ha intuito che la fotografia poteva diventare il suo principale mezzo di espressione artistica. Il suo approccio verso questa forma d’arte e il suo conseguente sviluppo è stato quasi interamente da autodidatta. 
Il suo lavoro fotografico è guidato dall’analisi e dal dialogo tra ambiente e corpo, in riferimento all’interiorizzazione ed esteriorizzazione di sé.
Le sue opere sono state esposte in importanti gallerie d’arte come la Galleria Sozzani a Milano, Somerset House a Londra per la mostra del Sony World Photography 2016, e Base Milano per il Photovogue Festival 2016. Inoltre, una delle sue opere fa parte della collezione permanente del MACS Museum of Contemporary Art of Sicily.
Ha vinto diversi premi, tra i più rilevanti The Uncanny Contest, gestito da Gregory Crewdson e Vogue Italia.
Le sue fotografie sono state pubblicate su diverse riviste online come Vogue.it, Trendland, Lensculture, Art Sheep, Huffington Post, Metal Magazine, Elle decor e molte altre.
La figura femminile è il punto focale della sua ricerca, in cui il suo intento è quello di costruire delle storie partendo da piccoli dettagli, in cui l’immagine diventa un ponte tra passato e presente. Spesso i suoi soggetti hanno il volto nascosto, come se volessero nascondersi all’osservatore, appaiono quasi chiusi nella loro intimità come in un’autoanalisi di se stessi.

Una parte fondamentale di ogni immagine è l’ambientazione, che è quasi sempre il suo punto di partenza, da cui poi costruisce una storia.
Per Cristina è molto importante andare alla ricerca di luoghi caratteristici per i suoi scatti – così come gli oggetti e gli abiti -, perché è necessario creare un’armonia e talvolta un contrasto, tra l’ambiente, la tappezzeria, gli arredi vintage, gli abiti e il soggetto rappresentato. 
Ha la capacità di combinare ambienti dall’aspetto imponente alla fragilità dell’individuo, così come il contrasto del cemento o della carta da parati con la delicatezza della pelle umana. 
Nel progetto intitolato “Alternative Perspective”, ha realizzato una serie di scatti in cui la prospettiva è intenzionalmente alterata per creare una percezione diversa degli spazi e degli ambienti, che risultano essere l’elemento centrale sui cui focalizzarsi.
L’atmosfera delle sue immagini, evoca un sentimento di malinconia ma allo stesso tempo di spensieratezza, un senso di sospensione del tempo, che sembra essersi fermato, dove si intuisce che qualcosa è già successo o sta per accadere, quasi come se lo avesse catturato nel momento dello scatto. La sua narrazione apre la porta su una dimensione privata, intima ed emotivamente toccante, resa tale anche grazie all’uso dei colori pastello.
Nella serie “The other part of me” racconta dello sdoppiamento della personalità e i lati nascosti di quest’ultima, un progetto che nasce da alcune riflessioni sulla dicotomia tra bene e male, dove è l’individuo a decidere cosa mostrare e rivelare di sé al mondo, mentre la parte nascosta non può essere condivisa con l’altro.

Le sue storie introspettive, nascono e si sviluppano dal suo modo di sentire, percepire e vedere le cose, così come dal suo vissuto, dal suo pensiero estetico e dal modo in cui interpreta la realtà. 
Attraverso la macchina fotografica crea una realtà filtrata dal suo occhio, dal ricordo e ripescata dall’inconscio più profondo, riportandoci alla sfera dell’emotività e dell’intimità. 
La serie “Hidden Beauty”, non vuole sottolineare la bellezza esteriore ma il dialogo interiore dei soggetti, in cui i tratti facciali sono nascosti per evitare qualsiasi contatto con il mondo esterno che possa ostacolare il dialogo. 
Cristina esplora la psiche femminile, in cui i soggetti a volte si nascondono, altre volte si mostrano o sono riflessi nello specchio, tra ricordi sfocati e visioni senza tempo, mostrando le loro fragilità ed illusioni, generando quasi una momentanea perdita dell’identità e una forte tensione che crea un senso di sospensione, infatti sembra di essere fermi nel tempo.
Le sue fotografie portano a una riflessione del proprio io e del proprio vissuto, in relazione a uno spazio che diventa intimo, aprendo un dialogo interiore con sé stessi. 
Tramite l’autoanalisi che avviene per mezzo della macchina fotografica, Cristina ha la capacità di creare un profondo dialogo tra corpo e ambiente, dove quest’ultimo diventa un luogo di rifugio, dove si dimenticano le pressioni della vita quotidiana.
Attraverso i suoi scatti mostra la vulnerabilità dell’essere umano, dove ognuno di noi prende parte alla storia, identificandosi nel soggetto ritratto, che si nasconde, si perde ma allo stesso tempo ritrova sé stesso, in una ricerca costante dell’affermazione della propria dell’identità. 

La fotografia è intimità.
E’ quell’istante fatale che annulla la distanza tra realtà e percezione.

Donato di Poco

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