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L’inclusività come mezzo per fare arte

L’inclusività che spaventa

È chiaro che da qualche anno alcuni brand emergenti, o già affermati da tempo nel vortice della fashion week, hanno scelto la via dell’inclusività. Svolgono street casting scegliendo figure che si distaccano da quel canone di bellezza tradizionale che molte maison più conservatrici continuano a rispettare. Quando si usa la parola inclusività purtroppo le persone storcono ancora il naso, una ventata fredda gela il sangue nelle loro vene e proliferano discorsi sulla “promozione della obesità” e “l’importanza della salute del corpo’’ (nessuno invece cita mai le modelle di Yves Saint Laurent che pesano poco più di 40 chili pur essendo alte 1.85).

Ogni brand include in modo diverso

Brand come Magliano, Lessico Familiare, Vitelli, Marco Rambaldi e Simon Cracker, non utilizzano l’inclusività solo per promuovere un discorso politico ma per fare arte. Non si tratta soltanto di portare in passerella taglie differenti dalla 38 e la 36, di superare i rigidi schemi di femminile e di maschile, di giocare con figure di tutte le età ma di analizzare queste istanze differenti assieme. Ogni brand è unico e lo fa in maniera diversa: c’è chi scava nelle viscere del punk, chi si butta a capofitto nella fine arte della maglieria, chi ha un approccio surrealista o politico o ancora chi ci racconta la dimensione intima dell’ambiente domestico e dell’arte antica del tramandare abiti. Il minimo comun denominatore dei brand citati è sicuramente la sostenibilità intesa come pilatro portante. La moda indipendente sia pur con ritmi lenti e difficoltosi porta avanti immensi cambiamenti.

Simon Cracker SS 2023
Simon Cracker SS 2023

L’inclusività come mezzo per fare arte

Con il contributo della moda indipendente l’accoppiamento modellǝ-outfit diventa quasi un costrutto matematico, un insieme in cui l’uno perde di senso senza l’altro. Non più lǝ modellǝ pensatǝ come figure canoniche che devono saper portare bene gli abiti come avveniva con le Grandi degli anni novanta quali Kate Moss e Naomi Campbell ma come coloro che con la propria unicità aggiungono significato ai capi. In questi casi o muore il concetto di divǝ che si impegna al massimo per mantenere la propria bellezza salda o bisogna pensare a divǝ differenti. L’inclusività non è più uno schema di rigide regole a cui si deve tener fede durante il proprio fashion show ad esempio equilibrando il numero di modelli caucasici o scegliendo solo qualche persona plus size e curvy a cui coprire la pancia, ma diviene uno strumento di genuina creatività.

Street casting e rivoluzione

Se da un lato il lavoro dellǝ modellǝ potrebbe trovarsi ad affrontare un momento problematico perché gli street casting spesso consentono loro soltanto apparizioni saltuarie, dall’ altro la moda comincerà a scendere in strada e a parlare a tanti in maniera ancora più significativa di come è stato fatto finora e questa volta non attraverso gli abiti ma attraverso le persone.

Author: Carolina Cacciopoli

Falcon Magazine

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