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Il cattivo gusto ci salverà

Miuccia Prada presentò nelle sfilate dell’inverno e dell’estate del 1996 due collezioni le cui stampe e i cui colori di tonalità fangose verdi e marroni erano ispirati alla carta da parati e alla fòrmica cheap degli anni 70. Nessuna donna borghese di Milano prima di allora avrebbe mai immaginato che per essere alla moda in quelle stagioni avrebbe dovuto indossare una texture orribile vista solo in qualche casa di provincia del ventennio precedente. Miuccia Prada scardinò il concetto di buono e cattivo gusto dimostrando la relatività di tale nozione e si assicurò così il titolo di teorica della moda contemporanea. La stilista si unì al filone antiborghese e provocatorio degli anni 90 alla ricerca di una moda più democratica.

Nella marea di abiti neri intellettualizzati e politicizzati, il cattivo gusto in quegli anni diventò ostentato e dirompente, un’esplosione di colori e gioia di vivere che fece tutto il necessario per scandalizzare. Vivienne Westwood fece sfilare Kate Moss per la collezione primavera estate del 1994 in topless mentre mangiava un gelato, Jean Paul Gaultier utilizzò stampe che ricordavano i disegni dei sexy shop. In quel periodo dunque, Il cattivo gusto diventa un campo di battaglia, lo scontro tra il vecchio e il nuovo che in Inghilterra era rappresentato da designer del calibro di McQueen e Galliano.

Donatella Versace ha dichiarato nel 56esimo episodio di Muschio Selvaggio: “Meglio il cattivo gusto del bon ton almeno quello fa parlare”.

Ma cosa evoca la frase di Donatella? Per capirlo dobbiamo innazitutto analizzare il significato di buongusto. Quest’ultimo è “L’Attitudine dello spirito o dei sensi a gustare e apprezzare le cose belle o buone o comunque raffinate”. Ci sono una serie di norme sociali che sanciscono cos’è il bello e il brutto e queste norme sono in genere possedute dalla borghesia. Scardinarle o costringere l’élite stessa a indossare ciò che è considerato di cattivo gusto (come fece Miuccia Prada) significa andare avanti e creare il progresso. È necessario mettere continuamente in discussione le regole non scritte del vestire con raffinatezza in quanto spesso non sappiamo nemmeno da dove provengono.

Ma oggi esiste un campo di battaglia su cui il vecchio e il nuovo combattono?

Negli anni novanta si combatteva per la liberazione del corpo femminile presentando una donna nuda e sexy, con i capezzoli e il sedere da fuori. Oggi (forse) non serve più il latex a ogni costo in quanto ogni donna è libera di padroneggiare ed esibire la propria sessualità.

Tuttavia una modella plus size o curvy non può sfilare senza reggiseno o con una maglia crop che lascia scoperta la pancia senza scadere nel cattivo gusto. Il corpo nonostante le battaglie degli anni 90 è un tabu ma lo è per motivi diversi rispetto a quelli di trent’anni fa, oggi il corpo si può esibire se è magro mentre le formosità vengono nascoste, contenute. Marco Rambaldi è antiborghese, nato a bologna città storicamente di sinistra, lo stilista italiano ha mostrato nelle sue collezioni quanto per lui e per la generazione Z i valori di inclusività dei corpi e di genere sono scontati.

I designer hanno un immenso potere, comunicano attraverso i vestiti e influenzano le abitudini. Lasciamoci sorprendere dal cattivo gusto come hanno fatto Marco Rambaldi, Miuccia Prada e Donatella Versace.                         

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