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GOLD Yves Saint Laurent

La mostra parigina in cui la moda è oro

Stanze nere, completamente nere dove sfilano manichini, magrissimi e allo stesso tempo curvilinei, anch’essi neri e ricoperti di abiti d’oro che avvolgendo il loro corpo in movimenti di tessuto sensuali o nella spigolosità delle linee dei blazer, sprigionandoli come in un’eterna estate. 

La mostra GOLD al Musée Saint Laurent di Parigi rivela la storia e l’arte dei capi attraverso cui Yves Saint Laurent ha voluto rompere l’immaginario collettivo che associava questo materiale prezioso alla sacralità, rendendo popolare l’oro per la moda femminile. Nel corso della sua carriera, il couturier si è ispirato a questo colore e si è appropriato del suo simbolismo per tracciare un ritratto inedito della donna moderna:  una donna che per lui doveva essere forza, energia, una luce che splenda nella notte, un angelo terreno venuto dal Paradiso. 

modella con abito oro
L’iconico abito oro cut-out con cappuccio della sfilata YSL autunno-inverno del 1991/ foto d’archivio del Museo Yves Saint Laurent a Parigi

L’oro è polisemia

Per Yves Saint Laurent, l’oro è tutta la vita. Appare nella sua moda, è onnipresente nella sua immaginazione e decora il suo vivere, la sua umanità. Se si dovesse fare un suo ritratto esatto, bisognerebbe scolpirlo con l’oro, per rappresentare i colori luminosi del suo sguardo e il labirinto della sua personalità solare, alternato al nero, l’altro volto dello stilista. 

Non lo vedeva come un materiale, un costo, qualcosa legato al mercato, ma come un colore puro, qualcosa di leggero per illuminare la matericità dei corpi, rendendoli più leggeri, lontani e allo stesso immersi nella Terra. 

Per il fondatore della celebre maison l’oro non è solo un accento, una punta, un dettaglio.

Per lui è il sole, un profumo, la poesia, una pennellata infinita. Era la materia prima del suo teatro di abiti-personaggio, la materia prima per creare la sua realtà, la sua visione della donna, del mondo. Nell’oro lui vedeva una labirintica polisemia: la sensualità, il potere, l’energia, la gioia. 

Una sala della mostra Gold al Museo Yves Saint Laurent a Parigi

L’oro di Marrakech, la città della felicità

Questo magico colore lo aveva visto nell’arte egiziana, nei mosaici bizantini, nei dipinti religiosi medievali, nei quadri di Klimt nella sua accezione legata all’eternità, al distacco dal mondo reale. Poi lo vide a Marrakech: negli abiti, negli oggetti, nei gioielli, nell’architettura, legati a una frenesia, una danza di colori vivaci, vivi. Yves scoprì la città d’ocra nel 1966 accompagnato dal’amore della sua vita e co-fondatore della maison, Pierre Bergé. Questa città fu la sua oasi di felicità, la sua musa artistica, la sua idea più intensa della vita e per questo la portò nelle sue creazioni, come testimoniano gli abiti che sfilano su manichini neri e nelle foto d’epoca all’interno della mostra Gold. 

L’abito più emblematico è quello della collezione YSL haute couture autunno-inverno del 1966 indossato dalla modella Nicole de Lamargé nell’iconico ritratto fotografico che fa da copertina alla mostra: una tunica lunga di pailettes d’oro ricamato con pietre blu cina, verde smeraldo e rosso fuoco, come fosse la cupola di una chiesa bizantina. Ci sono poi i blazer nella loro monumentale e spigolosa eleganza e gli abiti dalle linee più morbide, più orientali e avvolgenti e i gioielli, le stoffe, i materiali che hanno dato origine a queste creazioni mozzafiato che hanno voluto rivelare la donna con uno sguardo nuovo. 

Abito dal taglio morbido in tessuto oro indossato dalla modella Yasmeen Ghauri alla sfila YSL autunno-inverno 1991/ foto d’archivio del Museo Yves Saint Laurent a Parigi

Uccelli del paradiso

“ Voglio che le donne nella notte splendano come uccelli del paradiso, che siano sempre padrone del mondo e della loro gioia” Yves Saint Laurent, 1977 

Questo accade in ognuna delle sue opere d’arte esibite nella mostra, come fossero una grande dichiarazione d’amore verso le donne, verso la vita, verso il sogno di una felicità, una felicità che divori il suo buio interiore, che sia una luce eterna. 

Arianna Galli (Brescia, 29 marzo 2002) è una scrittrice, poetessa, critica letteraria, giornalista di moda e traduttrice, autrice dei libri "Non c'erano fiori"(2022, Giuliano Ladolfi Editore) e "Il Deserto di Milano" (2023, Edizioni Ensemble). Ha vinto vari premi letterari nazionali e le sue composizioni sono comparse sui più importanti giornali e riviste letterarie italiane – sulle versioni cartacee dei giornali La Repubblica e Corriere della Sera e sulle testate online Interno Poesia, Alma Poesia, Poesia del nostro tempo, Rivista '900 letterario e Atelier Poesia – . I suoi lavori sono stati tradotti su varie riviste straniere cartacee e online. La sua poesia "Piano music" ha aperto il festival pianistico internazionale Lej Festival 2020, conferendole visibilità a un pubblico artistico internazionale. Nel 2022 esce la sua prima raccolta poetica, "Non c'erano fiori" pubblicata da Giuliano Ladolfi Editore, ottenendo subito forte successo di critica. Il 22 maggio 2023 esce "Il Deserto di Milano / The Desert of Milan" pubblicato da Edizioni Ensemble e prima raccolta poetica al mondo in cui è fortemente presente la moda. Attualmente collabora alla rivista di critica letteraria Satisfiction, all'interno della propria rubrica "Poesia per respirare la vita", alla rivista culturale storica "Studi Cattolici" (Edizioni Ares) e alla rivista di moda Falcon Magazine.

Fashion Journalist
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