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L’approccio distratto di Chiuri alle culture locali

In un periodo in cui la moda porge particolare attenzione alle culture locali e alle loro tradizioni Maria Grazia Chiuri ha scelto la celebrazione dell’Andalusia organizzando la sfilata Cruise di Dior a Siviglia. Carmen Amaya, citata durante lo show, è stata una delle prime donne a indossare abiti maschili per ballare il flamenco. È proprio il ballo popolare di origine gitana a essere di ispirazione per gli abiti. Per mantenere lo status di brand di lusso che si riferisce a un pubblico agiato ci sono stati riferimenti anche alla Duchessa D’Alba e allo sport dell’equitazione.

È interessante che i ricami delle giacche Bar e degli abiti interamente in pizzo siano ispirati a quelli delle madonne sacre venerate in Andalusia e siano stati cuciti dallo stesso atelier spagnolo che si occupa da secoli di confezionare le vesti delle statue sacre ma Il lavoro della maison è visibile solo nella complessità degli abiti, tale scelta rimane fine a se stessa e la passerella appare molto distante dalla modernità. La Chiuri costruisce attorno a sé e al suo pubblico un piccolo mondo elitario dai cui balconi si vede solo una piccola parte della realtà. Infatti nella sfilata è stato trascurato un periodo fondamentale della storia dell’Andalusia che è quello della dominazione araba.

Nel 711 comincia la conquista da parte dei musulmani della penisola iberica. Gibilterra significa in lingua araba la montagna di Tariq (Jabal al-Ṭāriq) e prende il nome dal condottiero musulmano Tariq ibn Ziyad che vi approdò per primo. Nel 756 fu fondato dal siriano Abderramán l’emirato indipendente di Cordova considerato la Mecca dell’occidente. In città, sulle fondamenta della cattedrale visigota, fu costruita la moschea Mezquita. Per la storia dell’arte la Mezquita è di valore inestimabile in quanto riproduce la struttura di una basilica cristiana con le colonne che ricordano quelle dei tempi egizi e dei monumenti persiani. Ingloba l’eredità della cultura greco-romana, già influenzata dalle tecniche siriane e mesopotamiche. Mentre l’Europa cristiana cercava a fatica di disfarsi degli eserciti mercenari, in Spagna, si conduceva una vita raffinata dedicata alla moda e alla decorazione della tavola. Il mondo arabo raggiunse in quel periodo il suo massimo splendore, tanto che a Baghdad, fulcro di quella cultura, venne costruito uno dei più importanti centri di ricerca dove si studiavano l’astronomia, la matematica e la filosofia. Fu intorno al 1090 che si radicò in occidente l’idea che il mondo cristiano doveva prevalere sul nemico arabo e vennero indette le crociate. Prima di allora le diverse religioni monoteiste: ebraica, islamica e cristiana erano convissute con serenità. Le guerre sante furono il primo esempio di colonialismo, cruciali per l’inizio della marginalizzazione del mondo arabo da parte di quello cristiano.

Nei video pubblicati poco prima della sfilata sul profilo instagram della Maison vengono mostrate le vergini più venerate delle chiese di Siviglia, i cui abiti sono decorati con ricami sfarzosi. Viene citato un “un mix di culture’’ ebree e gitane ma nulla che si riferisca alla presenza dei mori in Andalusia.

L’evento fa riflettere su due fronti: il primo è la complessità della cultura Europea che ha una posizione politica negligente nei confronti della cultura araba ed è protesa verso la costruzione di un’immagine bianca e buonista dell’occidente, nonostante la storia ci insegna che parte del patrimonio scientifico e artistico europeo occidentale provenga proprio dal contributo degli arabi. Il secondo è che celebrare una cultura locale è molto complesso. Può essere giusto come ha fatto Chiuri selezionarne una parte e raccontarla. Ma non si possono trascurare le istanze più significative. Mi auguro che la moda celebri le tradizioni più antiche ma che lo faccia con maggiore premura e completezza tenendo conto di tutte le contaminazioni che nel corso dei secoli hanno caratterizzato quel luogo. La cultura “locale’’ è frutto di un processo storico complesso e tutti i contributi sono fondamentali.

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