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Arielle Bobb-Willis: Comfortable with Being Uncomfortable

Arielle Bobb-Willis è una giovane fotografa nata e cresciuta a New York nel 1994.
Nel 2008, si è trasferita nella Carolina del Sud poiché la madre si era recentemente risposata. Il passaggio dalla vita urbana a quella rurale, avvenuto nel periodo adolescenziale, le causò una forte depressione che durò per cinque anni. 
L’avvicinamento alla fotografia avvenne dopo aver frequentato un corso di digital imaging alla sua nuova scuola superiore. Durante quel periodo, l’insegnante di storia si accorse di quanto la fotografia la rendesse felice, e decise di regalarle la vecchia macchina fotografica a pellicola di sua moglie, una Nikon N80, che le ha cambiato totalmente il modo in cui vedeva la fotografia. Ha girato il suo primo rullino nella camera da letto, catturando immagini di mani, piedi e finestre, tutte a colori, come se stesse raccogliendo i frammenti della sua vita. “La fotografia è diventata immediatamente una forma di terapia per me. Mi ha permesso, in quel momento, di controllare il mio ambiente e trasformarlo in qualcosa di più colorato di quello che vedevo attraverso la depressione. Questa è stata la mia prima introduzione alla fotografia e da allora non mi sono più fermata!”, afferma Arielle.
La fotografia, è diventata il mezzo della sua terapia, dove grazie anche al forte uso del colore, Arielle manifesta e trasmette una serie di emozioni, che le consentono di proiettare la propria realtà all’esterno.

Oltre alla scuola superiore, e a qualche lezione alla Loyola University di New Orleans, Arielle ha studiato fotografia da autodidatta. Crescendo in una piccola città, sentiva che non poteva esprimersi liberamente in un ambiente che non era aperto mentalmente, dunque la fotografia era l’unica cosa che la faceva sentire a suo agio e in sintonia con se stessa.
Il suo lavoro è stato pubblicato su molti magazine tra cui The New Yorker, L’uomo Vogue, I-D Magazine, Another Magazine, Metal Magazine e recentemente le sue fotografie sono diventate parte del libro The New Black Vanguard.
Nonostante la giovane età, Arielle predilige la pellicola perché le permette di rendere le foto più morbide rispetto al digitale. Apporta solo dei piccoli ritocchi come ritagliare e schiarire, mentre i colori si adattano così come li aveva immaginati. Inoltre, avendo un numero limitato di scatti, deve valutare ogni singolo fotogramma, e adora la sensazione che prova nella fase antecedente allo sviluppo del rullino, un misto tra ansia e curiosità causato dal non potere vedere subito le foto. 
Arielle gestisce tutta la fase creativa, dall’idea allo sviluppo, infatti disegna e scrive le proprie idee, che solitamente prendono vita all’interno dei negozi dell’usato in cui si reca per far fiorire la sua immaginazione. 
Successivamente, acquista i vestiti e li prova su se stessa per cercare di capire come li può utilizzare al meglio per esaltare le forme del corpo, e allo stesso tempo creane di nuove.

Dopo aver trovato gli oggetti di scena, l’abbigliamento e l’ambientazione – che solitamente è esterna perché per Arielle le foto risultano più reali – , inizia a scattare improvvisando delle posizione scomode, in realtà i suoi scatti sono studiati ma non vengono mai esattamente come li immagina nella sua testa.
Il suo lavoro è influenzato tanto dalla pittura quanto dalla fotografia. Arielle è un’appassionata d’arte grazie al padre, che sin da piccola la portava a visitare gallerie e musei, dove ha imparato molto su Pablo Picasso, Jean Michel-Basquiat e Keith Haring.
Ha iniziato a concepire un mondo in cui la sua arte potesse esistere, ispirandosi a Benny Andrews, Jacob Lawrence, Romare Bearden e William H.Johnson. Infatti, adora disegnare le sue idee con i pastelli a olio sull’album da disegno, anche se per la pittura non prova la stessa emozione percepita mentre scatta una fotografia.
La sua ispirazione proviene anche dai luoghi in cui ha vissuto. Dall’architettura di New York, che le ha permesso di vedere il mondo in un senso più ampio, a quella di New Orleans, che le ha permesso di capire la relazione tra la poesia e l’arte, e da piccole città come Metairie, ognuna caratterizzata da forme e colori diversi.
Arielle percepiva che il mondo intorno a lei fosse insaturo, di conseguenza decise di crearne uno proprio, basandosi su ciò che non vedeva intorno a lei in quel momento, creando immagini che non possiamo vedere nella quotidianità.

Arielle è specializzata nei ritratti di figure contorte, che indossano abiti dai colori vivaci e sono intenzionalmente rappresentate in delle ‘posizioni scomode’. La sua è una metafora della vita, perché secondo l’artista ognuno di noi viene da situazioni scomode, dove troviamo il meglio dopo dei brutti momenti. I suoi scatti possono essere considerati come la sua rinascita personale dal periodo in cui ha sofferto di depressione, infatti rappresentano un riflesso di se stessa e delle esperienze che ha avuto nel corso della vita. L’artista considera il soggetto come una forma che deve diventare parte di una composizione, mentre il colore è importante perché per tanto tempo la sua vita è stata grigia.
Il suo lavoro è scultoreo oltre che fotografico, dove il corpo diventa il protagonista di ogni scatto, in cui il soggetto non mostra mai il volto. Le sue fotografie nascono da quella parte di sé che vorrebbe nascondersi, non stare al centro dell’attenzione, infatti Arielle ha sempre desiderato scattare foto di sé senza però essere nella foto.
Arielle esplora la fluidità del corpo umano, mettendo in luce le sue forme ed evidenziando la relazione tra il corpo e l’abito, che ne diventa un prolungamento e ne accompagna i movimenti.
Il corpo si esprime attraverso le pose e gli abiti luminosi e policromi, che sono posti in contrasto con ambientazioni urbane e rurali.
Le sue fotografie conferiscono un senso di pace e tranquillità, in cui Arielle manifesta la propria visione del mondo, creando un’armonia tra il corpo rappresentato, i colori intensi, le forme degli abiti e l’ambientazione.

Nonostante i soggetti siano in posizioni fisicamente difficili, i loro corpi sembrano essere a loro agio e persino aggraziati.
Arielle esplora la fluidità del corpo umano, mettendo in luce le sue forme ed evidenziando la relazione tra il corpo e l’abito, che ne diventa un prolungamento e ne accompagna i movimenti. 
Il corpo si esprime attraverso le pose e gli abiti luminosi e policromi, che sono posti in contrasto con ambientazioni urbane e rurali.
Le sue fotografie conferiscono un senso di pace e tranquillità, in cui Arielle manifesta la propria visione del mondo, creando un’armonia tra il corpo rappresentato, i colori intensi, le forme degli abiti e l’ambientazione.
A New Orleans, ha fotografato una giovane donna e un uomo in piedi su una collina erbosa, mentre si piegano all’indietro, con i piedi piantati a terra e guardano il cielo, come se stessero cercando un altro posto. 
Dunque, il corpo diventa un mezzo di espressione, considerato sia come un rifugio che come una gabbia, come sinonimo di appartenenza ma allo stesso tempo di isolamento,  in cui la fotografa mostra un linguaggio visivo che parla delle complessità della vita, ed esplora le profondità del proprio esistenzialismo attraverso il corpo.
I suoi scatti sono freschi e vibranti, e donano una sensazione nuova ed inaspettata, invitando lo spettatore a una riflessione concreta e realistica sulla vita. 

“I want people to take with them…how I see my work and my purpose—turning something destructive around and making it into something great.”

Arielle Bobb-Willis

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